“Mentre lei parla, comincio a pensare che forse dovrei dirle qualcosa, forse anche solo annuire..se resto così in silenzio penserà che non m’importa nulla di ciò che sta dicendo…vabbè, magari un leggero sorriso basterà…potrei dirle che ha ragione, che ha fatto bene, di certo non posso dirle che non condivido affatto come si è comportata in quella situazione, o forse si, in fondo siamo amiche, posso dirle tutto ciò che ritengo opportuno…spero solo che capisca che lo faccio perché le voglio bene…è così tanto tempo che ci conosciamo, certo che lo capirà…ma si, in fondo mi ricordo quella volta in cui le ho detto che non poteva continuare a farsi del male in quella storia e lei mi ha ascoltato e poi mi ha ringraziato per essere lì con lei, ogni volta che ne aveva bisogno…ad ascoltarla, in silenzio…”
…in silenzio…
…in silenzio…
Mentre ascoltiamo qualcuno che ci parla, siamo davvero capaci di farlo in silenzio? O forse, come nell’esempio qui sopra, il silenzio è riempito da una valanga di valutazioni, opinioni, soluzioni. In alcuni casi, interrompiamo l’altro prima ancora che abbia finito di parlare o, se non sappiamo proprio che dire, ci sbracciamo in cenni ed espressioni per far capire che ci siamo, che stiamo seguendo, che abbiamo delle opinioni a riguardo. Tutto ciò ha lo scopo di comunicare all’altro la nostra presenza ma il vero risultato è il solo fatto che, per pensare a ciò che dobbiamo fare o dire noi, perdiamo di vista l’altro e le sue parole.
Praticare davvero l’ascolto, rispettando il silenzio necessario per accogliere l’altro, ci permette di creare, in noi, uno spazio interiore dove non c’è fretta di rispondere, di capire, di intervenire.
Nell’ascolto silenzioso, ciò che appare, limpido e chiaro, sono le parole di chi abbiamo di fronte, le sue emozioni, la sua espressione, il suo modo di raccontare, la sua presenza, di fronte a noi che ci occupiamo dell’altro in modo pieno, rispettoso, autentico.
Possiamo allenarci a questo tipo di ascolto, rimanendo ancorati all’esperienza del nostro respiro, resistendo all’impulso di riempire il silenzio, mantenendo la nostra mente attenta e presente al nostro essere lì con l’altro, con l’unica intenzione di ascoltare.
In quell’atto intenzionale, sospendendo ogni forma di giudizio e di aspettativa, possiamo prestare pienamente il nostro orecchio a chi ci parla e il nostro cuore può aprirsi ad una comprensione nuova e più profonda.
Dice Rumi: “Quando l’orecchio si affina diventa un occhio”.
Bellissimo articolo!