« Non attaccarsi a nulla considerandolo « io », « me » o « mio ».
(Buddha)
È benefico e liberatorio permetterci di riconoscere quanto sia impersonale, in realtà, il processo della vita e con quanta prontezza invece noi tendiamo a reificarla, a farne una questione personale in termini assoluti, e poi a restare bloccati all’interno dei confini ristretti che ci siamo creati da soli. […] Dobbiamo stare attenti soprattutto alla relazione che intratteniamo con i pronomi personali, altrimenti sarà automatico prendere le questioni sul piano personale quando non lo sono affatto, e in questo modo mancare o fraintendere ciò che è nella realtà.
A prima vista è un messaggio duro da accettare perché ci porta dritti a mettere in discussione tutto ciò che pensiamo di essere, che in gran parte sembra provenire dagli elementi con cui ci identifichiamo: corpo, pensieri, sensazioni, sentimenti, relazioni, valori, lavoro, aspettative su quello che « dovrebbe » succedere e su come le cose « dovrebbero » funzionare per noi perché siamo felici; le nostre storie su da dove veniamo, dove stiamo andando, chi siamo.
A impedirci di vivere pienamente la vita è proprio l’attaccamento all’idea che abbiamo di noi stessi.
Questo solleva immediatamente la questione dell’identificazione, dell’autoidentificazione e della nostra abitudine a reificare, ossia rendere concreto, il pronome personale facendone un « sé » assoluto e indiscusso, e poi di vivere all’interno di quella che chiamiamo « la mia storia » per tutt’una vita senza esaminarne l’accuratezza o la completezza.
Nel buddhismo questa reificazione è considerata la radice di ogni sofferenza e di ogni emozione afflittiva, un’identificazione erronea della totalità del proprio essere con la biografia limitata che attribuiamo al pronome personale.
Questa identificazione si verifica senza che ce ne rendiamo conto e senza che ne mettiamo in discussione la precisione.
Con la pratica della Mindfulness imparariamo a vederla, però, e a vedere dietro di essa la verità più profonda, la saggezza più grande che abbiamo a disposizione in ogni momento.
(Jon Kabat-Zinn, Riprendere i sensi, TEA, 2008.)